In questi mesi si è verificato un evento alquanto raro, ovvero per la seconda volta dal secondo dopoguerra in poi (la prima è stata nel 2009) l’Istat ha rilevato una variazione negativa dell’indice dei prezzi al consumo.
La domanda è sorta spontanea sia per chi affitta immobili residenziali o commerciali che per gli inquilini, abituati a ricalcolare il costo dell’affitto in base all’adeguamento dei valori Istat: ma allora il canone verrà ridotto?
Oggi approfondiamo questo argomento e capiamo se e come la variazione negativa dell’Istat possa incidere sul costo dell’affitto.
Cos’è l’adeguamento Istat
L’adeguamento Istat è un meccanismo che rivaluta il costo della vita su base annua.
Si chiama adeguamento Istat perché è l’Istituto Nazionale di Statistica che se ne occupa e che in base ai dati che raccoglie monitora e definisce quanto varia il costo della vita attraverso specifici panieri che tengono conto di tante varianti diverse, come disponibilità delle materie prime, le decisioni politiche ecc.
Per quanto riguarda le locazioni immobiliari, l’indice Istat viene applicato per adeguare il canone di locazione al costo attuale della vita e modifica l’importo dovuto dal conduttore al locatore.
Alla base di tutto c’è il FOI ovvero l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi, che viene pubblicato regolarmente sulla Gazzetta Ufficiale, così come previsto dall’art. 81 della legge n. 392/1978.
Come funziona l’adeguamento Istat nella pratica
La misura percentuale di adeguamento Istat da applicare al canone è del 75% per i contratti di locazione ad uso abitativo e per gli immobili destinati allo svolgimento di attività industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, stipulati prima del 30 dicembre 1998; del 100% invece, previo accordo tra le parti, per i contratti di locazione stipulati successivamente al 30 dicembre 1998.
E se l’indice di adeguamento è negativo?
Come scrivevo all’inizio dell’articolo, nel 2020 l’Istat ha valutato a segno meno la variazione dell’indice dei prezzi al consumo, per la seconda volta ad agosto 2020, ma avvocati e associazioni di categoria concordano nel fatto che il prezzo dell’affitto non può essere ribassato.
Ti riporto un estratto della comunicazione di Confedilizia in merito:
“La Confedilizia fa presente che la risposta alla questione relativa alla possibilità che la variazione Istat comporti un aggiornamento in diminuzione dei canoni è fuor di dubbio negativa, sulla base anzitutto dei lavori parlamentari, nei quali non si trova traccia di una previsione (e neppure di una ipotetica possibilità) del genere, e si trova – anzi – il continuo riferimento all’aggiornamento come mezzo di mantenimento costante della remunerazione della proprietà immobiliare contro la perdita di potere d’acquisto della moneta. Che solo a questa si volesse rimediare risulta chiaro dal fatto che la limitazione al 75% dell’indice Istat (attualmente valida solo per alcune tipologie di contratti) venne costantemente giustificata considerando “la buona difesa dell’investimento immobiliare contro la svalutazione” (Relazione Ministri di grazia e giustizia, e dei lavori pubblici). Allo stato, la Confedilizia ritiene quindi che il testo delle disposizioni in materia non possa portare alla diminuzione dei canoni”.
A sottolineare questa posizione c’è la natura della quasi totalità dei contratti di locazione, che stabilisce che i canoni sono sottoposti a rivalutazione Istat e che il locatore provvederà a comunicare l’adeguamento.
Questo, nel concreto, significa che l’unica persona che ha potere decisionale in materia è il proprietario dell’immobile e di conseguenza l’inquilino non può pretendere che il prezzo venga abbassato.
C’è però un fattore da considerare, ovvero a causa dell’adeguamento Istat negativo, il prezzo non può aumentare come avveniva negli anni precedenti.
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